Barchetta e stelline

A volte può accadere, che chiudi gli occhi e vedi il buio, ti senti galleggiare, ed incominci una meditazione scivolata di lato sul divano, un po’ persa, verso i battiti dell’universo, che assomiglia ad un sonno immediato.

Così cadi giù, sprofondi, arrivi vicino, alle lacrime amare, al sangue rappreso, allo sporco tra le dita. Mi perdo in me, come se non sapessi più la strada, il mio percorso, il mio indirizzo emozionale.

Posso stare a fluttuare tra le rondini di passaggio, per vederle passare, e posso ascoltare le tue storie da lontano, quasi con curiosità, strizzare gli occhi dal sonno, scendere in picchiata perduto nell’oceano su di una tenera barchetta di carta quadrettata che naviga.

La luna aiuta a navigare, brilla e lucida l’orizzonte notturno, ti fa trovare il porto di approdo più vicino. Anche se sei normale di guardano strano, e non è affatto vero che se chiedi ti sarà dato.

Mani giunte e preghiamo la luna, seguendo la vecchia tradizione popolare.

Io non parlerei così, avrei meno vanità, aspetterei. Non invidierei, ma mi manca la gioventù perché non mi commuovo più, ma rido di più.

Vorrei solo il mio divano, le mie foglie fuori sul castagno, il traffico lontano degli incontri, la mia insalata prima del piatto principale, lo spiffero salutare del mio infisso in camera, l’altezza dei soffitti, e capire se almeno una volta già ci eravamo incontrati, o no.

E non mi dire che non lo sai.

Poi mi siederei sul divano, e perderei i sensi.

Stasera, prepara minestrina con le stelline per tutti.

Ed io sarò così il tuo testimone al momento del giudizio.

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