My God, My Son, the Moon.

Questa cazzo di luna.

Già, puoi buttarti giù da un dirupo, cadere tra i sassi e fracassarti le ossa, e poi quando giri la faccia al cielo tra il porpora e il blu, vedi lei, la luna.

Nei pomeriggi in campagna, quando il cielo è azzurro manto della Madonna, appare lei, bianco latte, quasi trasparente, appiccicata con la colla Pritt, già si affaccia la luna in estate nel cielo, come a dire. “guarda che io ci sono, sempre”.

Mia nonna mi diceva di guardare sempre la prima stella della notte, che quella era Sirio, ma la Luna era sempre presente di fianco.

Con lei invece guardiamo la luna e ci pensiamo sempre, è una cosa nostra, intima, anche se la luna è di tutti, quella luna è solo nostra.

La luna di Fuerteventura, oscenamente luminescente, che puoi andare sulle dune di notte e leggere un libro senza nessuna luce di supporto: le parole spiccano sulla carta bianca come pugnali che arrivano nell’iride.

Chiedi e ti sarà dato, come l’odore del sudore sotto la maglietta di cotone, come l’odore della pelle esposta al sole nell’incavo del gomito del mio figliolo.

Più la guardi e più ti viene da pregare, la luna: puoi parlarle della tua vita, di tutto il tuo passato, del presente e del futuro, ma lei se ne frega, esiste per tutti, e gira gira….

Tagli l’erba, metti i piedi su di essa, da lontano arriva una zaffata di sterco di vacche, questo mi hai suggerito, ma la luna resta sempre presente, anche quando sei sdraiato sulla schiena di notte in un campo di grano.

Ho perso la testa guardando la luna, perchè tutto cambia intorno, tranne me.

Schermata 2020-05-24 alle 01.44.08

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