Come un harmonizer mediorientale, la tua voce,
il vento nei capelli, cui affidavi i tuoi pensieri e le tue parole zitte
parole ripetute dall’eco, che cantano sorriso ed allegria
Solo cielo, intorno vedo solo cielo,
e vento contro le ringhiere.
Hai lasciato una nebbia,
come una canzone rituale di un popolo lontano,
nel già desertico vuoto dell’arte del canto moderno.
La nebbia dopo la tempesta di energie, di lampi e di voce tagliente
che ha sussurrato, gridato e cullato il nostro inconscio,
un disperato richiamo all’amore, alla dolcezza.
Una pianta di limone vive su di un balcone
in una afosa estate di un paese siciliano lontano, immobile,
le tue mani la accarezzano mentre dentro il sole la brucia,
lei produce tutti i suoi frutti più succulenti,
e poi appassisce silenziosa, senza acqua, nel gelo della disgrazia umana della morte,
vissuta con dignità e con la preghiera carmelitana come luce nel cuore.
Grazie Giuni, sei un’amazzone selvaggia che ha cavalcato ribelle, al confine
ma sei stata anche seduta al porto a guardare il mare,
a seguire da dentro i nostri pensieri, per finalmente volare assieme.