La chemioterapia ai tempi del Covid19 (coronavirus)

Leggo, la sera prima di fare la prima chemioterapia della seconda serie, una intervista al Primario del San Raffaele di Milano, che mi raggela il sangue. Ecco alcuni pezzi:” …in analogia con quanto avviene per le altre infezioni virali, è ragionevole credere che la chemioterapia, essendo immunosoppressiva, aumenti il rischio di contrarre il virus e di sviluppare forme più gravi della malattia tumorale”.

E ancora: “Statisticamente i pazienti oncologici sono da sempre una categoria più soggetta alle infezioni virali e batteriche e alle loro eventuali complicanze – spiega il professor Cascinu – e quindi non abbiamo ragione di credere che sia diverso nel caso della nuova infezione da Covid-19. Per questo i pazienti oncologici devono stare particolarmente attenti, molto più di altri soggetti che hanno altre patologie o sono sani”.

Schermata 2020-04-14 alle 17.56.53Dopo queste confortanti notizie, il giorno seguente, guido verso il mio ospedale di riferimento, con la mia bella autocertificazione in tasca, da solo. Già, da solo, non mi è consentito un accompagnatore, e se mi dovessi sentire male dopo la terapia posso però fermarmi in ospedale, il che mi terrorizza perchè come ormai sappiamo sono focolai di infezione di coronavirus. In più, il mio ospedale è per metà dedicato al COVID19 e per metà funziona ai minimi, solo per le cose di urgenza e per le terapie oncologiche indifferibili, come la mia.

Posteggio e cammino verso l’edificio, che non mi ha mai ispirato particolare simpatia ma, tant’è, mi tocca ormai da anni frequentarlo, e quindi non ci faccio caso.

Noto però subito che all’ingresso non c’è il solito viavai di persone indaffarate, avvilite, di corsa, con borse, fogli in mano e andamento incerto. Ci sono solo due persone. Il custode dalla guardiola mi chiede che ci faccio lì, spiego dove devo recarmi, e mi si aprono le porte di ingresso.

Trovo alla mia sinistra una “sinistra” figura tutta ricoperta da tute mascherine e ogni sorta di protezione che mi va subito alla gola con lo strumento per misurare la temperatura.

“Non è possibile” – mi dice – “Lei ha 35,6 di temperatura”. Al che rimango spiazziato. Cosa vorrà dire? Che sono una ameba, un anfibio, che sto male? “..riproviamo a prenderla meglio” – mi dice – ” … ah ecco meglio ha 36.5 prego vada pure”. Con mio grande sollievo mi avvio.

Corridoi in genere sempre pullulanti di persone con numerini in mano in attesa delle visite, ora vuoti, deserti, rimbombanti al punto tale da sentire solo le sirene delle ambulanze che vanno al pronto soccorso.

Io, protetto da mascherina guanti e sciarpa, mi muovo con attenzione da sherpa per raggiungere il mio reparto, cercando di non toccare niente. Alla fine del corridoio, altro check-in con nuova prova della temperatura (36.6) e nuovo interrogatorio su dove mi sto recando.

Arrivato al corridoio di destinazione, un altro blocco mi prende la temperatura, mi fa compilare un modulo dove devo dire se sono entrato in contatto con persone positive al coronavirus, se ho famigliari che tossiscono, se tossisco io e mille altre domande. Una volta firmato, mi fanno pulire le mani con il gel, ma io avevo i guanti, e pertanto ho pulito i guanti col gel.

Vengo chiamato nell’ambulatorio dove mi aspettano volti famigliari, per fortuna, che sempre con professionalità e squisita leggerezza mi praticano la terapia chemioterapica, distraendomi durante le manovre con aneddoti, domande, storielle. Persone molto gradevoli, gentili, ma siccome le conosco questa volta non era come al solito.

A parte le ulteriori protezioni che indossavano (lo schermo di plexiglas e una fascia che copriva il collo) nella loro voce, nei loro movimenti, nelle vibrazioni del loro animo si avvertiva la paura, quella che senti anche tu se sei consapevole del coronavirus. E immagino che lavorare in quelle condizioni sia terribile.

Poi anche io avevo paura, un pò per la terapia e gli effetti collaterali dei giorni successivi, e un pò perchè prima di me c’erano state altre persone, magari contagiate, magari non hanno fatto abbastanza attenzione, io ho le difese immunitarie azzerate, loro pure….

Ecco, questo si pensa durante una chemioterapia ai tempi del coronavirus. Morirò prima di tutti perchè non ho più le difese immunitarie? Vincerò l’oscar della doppia sfiga con tumore+covid=morte sicura?

Mentre torno a casa, un paio di ore dopo, ripenso a tutto quello che ho fatto, alle persone incontrate, alle cose toccate.

Arrivo a casa e butto tutto in lavatrice, scarpe comprese, 60 gradi con ammoniaca, un goccio di conegrina e detersivo.

Mi distendo come un pugile stordito dal farmaco chemioterapico, comincio ad avvertire effetti collaterali, calori, vampate, nausea, mal di testa, vista appannata, respiro pesante, bruciori, pruriti, mal di pancia, vomito… però dico: beh, almeno non ho preso il coronavirus.

Forse.

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Un commento

  1. Ho letto tutto ciò che hai scritto Gianluca . E devo dire che è sempre più una lotta pazzesca nel tuo caso . Non ci voleva questo corona virus soprattutto per le persone che come te , hanno grossi problemi di salute . Io posso immaginare che in questi momenti il pensiero di una persona , vi sempre nella speranza e nel dirsi dentro di sé. Ce la farò? Riuscirò a ritornare a vivere buttandomi tutto dietro? . Ecco nel tuo scritto , mi rendo conto che il vero oro del mondo è la nostra salute nel suo trecentossessantagradi. Il vedere bene , il correre il muoversi senza problemi ecc ecc … la salute è oro . Purtroppo poche persone capiscono cosa vuol dire la buona salute . E penso che quando non si vivrà e parlerà di questo Virus tutto tornerà come prima nello spirito delle persone . E cioè. Quelli stronzi saranno sempre più maledetti . E i buoni sempre umili e veri . Sento sempre dire : haaaa vedrete che tutto questo servirà a tutti per diventare migliori e capire il prossimo e chi soffre !!! Ma io non credo in questo , anche perché già con queste difficoltà vedo atteggiamenti di menefreghismo e strafottenza. Comunque Gianluca anche io come te nelle cose importanti della mia vita , mi sono ritrovato solo, sempre solo . E ragionare con la mia Solitudine. E devo dire che forse infondo mi ha e mi giova tutt’ora, ragionare con me è una sensazione bellissima che pochissime persone hanno il lusso di possedere . ( ci si conosce a fondo ) per diventare migliori. Chiedo Gianluca . Abbracciandomi come Amico e come una bella persona , la quale mi fa sempre piacere colloquiare sempre . Forza Gianluca noi siamo forti punto e a capo . Tvb

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